La pandemia ha contribuito in modo rilevante a cambiare la prospettiva e l’approccio al lavoro per migliaia di dipendenti: la trasformazione del lavoro digitale a distanza, detta anche remote working (erroneamente chiamato in Italia smart working), è entrata ormai a far parte della nostra quotidianità, dimostrando che ufficio e presenze non sono le uniche modalità per poter svolgere la propria attività lavorativa.
In questo articolo parleremo delle prospettive passate e future del remote working e dei nuovi scenari che si aprono su questa modalità di lavoro.
Dal 2018 al 2021, il remote working ha subito una notevole accelerazione: in questi tre anni, infatti, il numero dei remote workers è passato da circa 480.000 a 5,7 milioni, aumentando in maniera imprevedibile e adeguandosi ai cambiamenti dovuti alla pandemia.
Nella fase più critica dell’emergenza, il remote working in Italia ha costituito l’unica modalità di lavoro possibile per la maggioranza delle grandi aziende e PA italiane e per quasi il 60% delle PMI. Infatti, all’inizio del 2020 i lavoratori da remoto erano 6,58 milioni (rispetto ai 570.000 registrati nel 2019, questo numero è più di dieci volte maggiore), per poi scalare, a marzo 2021, a 5,37 milioni e nella seconda metà del 2021 a 4,07 milioni.
Nonostante il rientro generale in ufficio, infatti, il lavoro agile non ha cessato di esistere; ha subito, anzi, un ulteriore incremento, anche grazie ai numerosi benefici che questa modalità ha apportato alle aziende e ai loro dipendenti. Primo tra tutti, un migliore equilibrio tra vita privata e lavoro (il cosiddetto work-life balance).
Per il prossimo futuro è previsto addirittura un aumento dei remote worker rispetto al numero registrato nella seconda metà del 2021. Si stima, infatti, che nel corso del 2022 circa 4,83 milioni di lavoratori svolgeranno le proprie attività lavorative anche da remoto, dei quali 700.000 nelle PMI, 2.03 milioni nelle grandi aziende, 970 mila nelle piccole aziende e 680 mila nelle PA.
Secondo lo studio dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, infatti, il lavoro da remoto verrà mantenuto in modalità ibrida nell’89% delle grandi imprese, in cui le giornate di remote working saranno circa 3 alla settimana, e nel 62% delle Pubbliche Amministrazioni, dove il lavoro agile sarà ridotto a 2 giorni settimanali[1].
Lo sviluppo di strumentazioni adeguate in grado di incrementare l’organizzazione lavorativa in modo flessibile attraverso workspace virtuali, sistemi di realtà aumentata e assistenti artificiali sta prendendo piede nell’intero pianeta.
Questa grande sperimentazione tecnologica in ambito lavorativo ha consentito alle aziende di avvicinarsi e di aprirsi, con sempre più interesse, a diverse opportunità finalizzate all’evoluzione e all’ampliamento delle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa. Nonostante non possediamo ancora dati precisi sulle conseguenze di questo progresso tecnologico, possiamo però già percepire che alcuni fattori aziendali, come la soddisfazione, la produttività e il benessere del personale, oltre alla riduzione dei costi, siano influenzati in maniera positiva dall’adozione di un modello diverso, quello del remote working, che è stato in grado di adattarsi al grande cambiamento dato dalla pandemia[2].
Infatti, nonostante il nuovo modello lavorativo sia nato come misura di emergenza e unica modalità di affrontare una situazione delicata, con l’evolversi del tempo è diventato uno strumento di organizzazione del lavoro flessibile e intelligente, costituendo quindi una vera e propria rivoluzione in campo tecnologico-lavorativo.
A questo proposito, è importante considerare l’impegno delle grandi imprese nella sperimentazione di questo nuovo modello lavorativo, attraverso la costante ricerca dell’equilibrio tra presenza e distanza e dei relativi benefici.
In un’epoca in cui le modalità di lavoro sono in costante evoluzione e la tecnologia è la vera protagonista, è fondamentale comprendere come il remote working costituisca lo strumento più flessibile, moderno e inclusivo che, oltre a responsabilizzare maggiormente i lavoratori, li rende anche più autonomi.
Per realizzare una situazione di remote working ottimale, è necessario che i soggetti coinvolti si impegnino attivamente. Ecco come:
Le straordinarie potenzialità della tecnologia di questa “nuova” modalità operativa si esprimono, tra le tante cose, anche nel campo della didattica. L’Ateneo Bocconi di Milano ci ha affidato, infatti, la grande opportunità di occuparci dell’ottimizzazione del sistema di didattica a distanza. In particolare, abbiamo reso operative lezioni e sessioni di esami, sviluppando una tecnologia che si è dimostrata, oltre che utile, alleata ai nuovi modi di comunicare imposti dalla pandemia.
Nel 2020, infatti, in concomitanza con l’inizio del COVID-19, l’Università Bocconi ha scelto Gruppo Trade per gestire l’assistenza e le problematiche relative all’IT.
Poi, con l’evolversi del tempo, anche la modalità di svolgimento della didattica è cambiata necessariamente e la Bocconi ha introdotto tre piattaforme di applicazione:
In questo modo, l’Università Bocconi ha garantito ai propri studenti un metodo alternativo e tecnologico, che si è rivelato assolutamente funzionale.
[1] Lo Smart Working in Italia dal 2018 a oggi nelle ricerche dell'Osservatorio Polimi, Digital4.biz
[2] Lo smart working prima e dopo la pandemia: nuovi modelli di lavoro per non tornare indietro, AgendaDigitale.eu
[3] Smart Working in Italia: dati, numeri e trend post-pandemia, Osservatori.net